Effetti dell'inquinamento sugli
ecosistemi forestali in Italia: Stato dell'arte della ricerca
Nel 1998, si è tenuta a Firenze la I° riunione
del GdL, organizzata dall'Istituto per la Patologia degli Alberi
Forestali (C.N.R.). Davanti ad oltre 60 intervenuti, si sono
succeduti numerosi interventi spazianti fra vari settori
disciplinari:chimica dell'atmosfera e delle precipitazioni,
pedologia, patologia, entomologia, monitoraggio, ecofisiologia. La
maggioranza delle relazioni ha lamentato la mancanza di informazioni
di base sulla distribuzione degli inquinanti nel nostro Paese ed ha
ribadito come la definizione dell'esatto ruolo giocato
dall'inquinamento nel deperimento forestale (o meglio, nei
deperimenti) necessiti di un approccio interdisciplinare, utile per
affrontare qualunque problematica ambientale, ma indispensabile nel
caso dell'inquinamento con le sue ripercussioni su ogni componente
dell'ecosistema (acqua, aria, suolo, piante).
Gli atti
sono stati pubblicati sulla rivista EM-Linea Ecologica (n.2, anno
XXXI, per dettagli circa l'ordine clicca
qui), con il seguente indice:
| Possibili trend di deposizioni acide:
l'esperienza toscana (Pantani F) |
| Deposizioni atmosferiche e carichi critici:
stato dell'arte della ricerca (Tartari G et al) |
| Distribuzione dell'ozono troposferico
nell'ambiente dell'area mediterranea (Allegrini I) |
| Il monitoraggio dell'ozono in ambiente
forestale alpino (Ballarin-denti A et al) |
| L'inquinamento dei suoli forestali italiani (Ugolini
F, Certini G) |
| Effetto di inquinanti su funghi patogeni di
piante forestali (Capretti P) |
| Effetti dell'inquinamento e dei cambiamenti
climatici sulle popolazioni di insetti forestali (Battisti A,
Tiberi R) |
| La riproduzione artificiale degli effetti degli
inquinanti atmosferici sulle piante forestali (Lorenzini G,
Paoletti E) |
| Effetti dell'inquinamento atmosferico su specie
forestali in area mediterranea (Manes F) |
| Forest decline e inquinamento (Bussotti F,
Grossoni P) |
| Monitoraggio degli effetti degli inquinanti
atmosferici sugli ecosistemi forestali. Principi, approcci,
metodi e stato in Italia (Ferretti M) |
| Licheni e briofite come biomonitor in
ecosistemi forestali (Loppi S et al) |
Vai al numero speciale della
rivista 'Linea Ecologica - Economia Montana'
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Seminari sulle applicazioni del
telerilevamento
Nel 1999, si e' tenuta a Firenze, la II° riunione
del GdL. Un sentito ringraziamento va all'IROE-CNR, che ci ha
ospitato nella sua sede, ed alle autrici dei due seminari, Dr.
Simonetta Paloscia (Uso di tecniche a microonde per il monitoraggio
delle caratteristiche del terreno e della vegetazione) e Dr.
Giovanna Cecchi (Uso di tecniche laser per il controllo della
vegetazione).
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Danni alla
vegetazione costiera ed inquinamento da tensioattivi
Nel
2000, Il Gruppo di Lavoro si è riunito per la III° volta ai
Giardini Botanici Hanbury di Ventimiglia (Imperia), con un convegno
dal titolo "Danni alla vegetazione costiera ed inquinamento da
tensioattivi", al quale hanno partecipato una trentina di
interessati provenienti da tutta Italia, ma anche da altri paesi del
mediterraneo (Francia e Spagna), appartenenti sia al mondo della
ricerca che dell’industria e della pubblica amministrazione. Le
relazioni hanno inquadrato la problematica dei danni da tensioattivi
sulla vegetazione, spaziando dalle caratteristiche chimiche, agli
effetti macroscopici, anatomici e fisiologici, per concludersi con
un indagine sugli effetti biochimici sugli organismi complessi,
animali inclusi.
Da
notare che in questa occasione sono stati per la prima volta
segnalati casi di deperimento della vegetazione da aerosol marini
inquinati sulle coste liguri, pugliesi e tunisine. Inoltre sono
stati portati ulteriori chiarimenti per aree in cui il deperimento
era già stato segnalato (litorale barcellonese in Spagna, area a SE
di Marsiglia in Francia).
Di
particolare rilievo la presenza del Sig. Bernard Mermod, presidente
della Scientific Community Favour Detergents Preserving the
Environment, un’associazione di scienziati che svolge funzioni
di consulenza per la Comunità Europea in vista della revisione
della legislazione sui tensioattivi, attualmente in corso. L’associazione
rileva che significativi effetti benefici sull’ambiente si avranno
solo se i tensioattivi contenuti nelle preparazioni commerciali
saranno biodegradabili al 100%. Poiché risulta che la maggior parte
delle industrie di tensioattivi posseggono già nuove molecole
biodegradabili al 100%, il problema non è più di tipo scientifico
ma politico. La soluzione dei problemi posti dall’aerosol marino
inquinato avrebbe ricadute positive su tutto l’ambiente litoraneo,
non solo sulla vegetazione, e permetterebbe di mantenere un
patrimonio vegetale capace di proteggere le coste dall’erosione
eolica ed idrica, riqualificandone anche gli aspetti paesaggistici.
Un
sentito ringraziamento a quanti hanno partecipato all’organizzazione
della giornata: Istituto per la Patologia degli Alberi Forestali del
CNR, Dipartimento di Valorizzazione e Protezione delle Risorse
Agroforestali dell’Università di Torino, Società Italiana di
Selvicoltura ed Ecologia Forestale, Giardini Botanici Hanbury,
Università di Genova, Associazione Italiana per la Protezione delle
Piante. Un ringraziamento particolare va gli oratori e soprattutto
al co-organizzatore, dott. Giovanni Nicolotti del DIVAPRA dell’Università
di Torino.
Gli
atti sono sono stati pubblicati sul numero XXXIII (1) della rivista
EM Linea Ecologica (vai
alla pagina) e costituiscono quanto di piu’ aggiornato e
transdisciplinare e’ oggi disponible sul tema degli effetti dei
tensioattivi sulla vegetazione forestale.
Indice:
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Aspetti
chimici dei tensioattivi (Lo Nostro)
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Evoluzione
della normativa relativa alla presenza di tensioattivi
nell'ecosistema acquatico (Ruffo)
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La
comunita' scientifica a favore di detergenti che conservino
l'ambiente (Mermod)
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Tecniche
di misurazione e limiti di biodegradabilita' degli agenti
tensioattivi: ricostruzione del panorama normativo e prospettive
di riforma (Greco)
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L'inquinamento
da tensioattivi ed i suoi effetti sulla vegetazione (Paoletti,
Nicolotti, Bussotti)
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Effetti
fisiologici dell'esposizione delle piante ad aerosol salini
addizionati di tensioattivi (Lorenzini, Guidi)
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Il
deperimento della vegetazione costiera e l'inquinamento marino
da tensioattivi. La situazione sul litorale tirrenico (Bussotti)
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Inquinamento
da tensioattivi ed effetti sulle pinete costiere liguri (Nicolotti,
Rettori, Paoletti, Patetta, Gullino)
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Indagine
preliminare sul deperimento delle pinete costiere di pino
d'Aleppo in Puglia (Paoletti)
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Il
problema degli aerosol marini inquinati in Francia e Tunisia (Garrec,
El Ayeb)
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Meccanismi
di resistenza/sensibilita' nei confronti dell'aerosol marino
inquinato nella vegetazione costiera della zona di Barcellona (Diamantopoulos,
Biel, Save')
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L'interazione
detergente proteina e i suoi possibili danni su organismi
viventi complessi (Ranaldi, Giachetti, Vanni)
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Giornata di Studio:
"Ozono e Foreste"
Il primo giugno 2001, si è tenuta a Pisa la giornata
di studio "Ozono e Foreste", organizzata congiuntamente
dalla Società Italiana di Patologia Vegetale (SIPaV), dalla
Facoltà di Agraria dell'Università di Pisa e dal Gruppo di Lavoro
"Effetti dell'inquinamento sugli ecosistemi forestali"
della Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (SISEF),
a cui hanno partecipato circa 150 intervenuti. Dopo la prolusione
dell'organizzatore Prof. Giacomo Lorenzini, del Preside della
Facoltà di Agraria di Pisa Prof. Amedeo Alpi, del Coordinatore del
GdL SISEF Dr. Elena Paoletti, e del Presidente SIPaV Prof. Antonino
Catara, Giacomo Lorenzini ha avviato i lavori inquadrando le
problematiche della genesi e distribuzione dell'ozono troposferico,
delle relazioni tra ozono e piante (storia, effetti primari e
secondari, deperimento forestale di nuovo tipo) e della normativa
europea, con particolare riferimento al concetto di livello critico.
Al momento il livello critico per le foreste è fissato in una AOT40
(dose cumulata al di sopra di 40 parti per miliardo) di 10.000 ppb h
per 6 mesi. I valori registrati in Toscana sono di gran lunga
superiori; per es., a Pisa questo livello viene raggiunto in meno di
8 settimane, e le aree urbane presentano livelli generalmente
inferiori rispetto a quelle remote.
Lorenzini ha poi sottolineato i limiti delle
attuali conoscenze (dovuti soprattutto alla presenza di meccanismi
di risposta differenziali ed alle difficoltà di estrapolare i dati
da piante giovani a adulte e da esperimenti brevi a risposte a lungo
termine) e delineato le prospettive di ricerca (individuazione di
marcatori diagnostici precoci del danno da ozono in foresta;
meccanismi di effettivo assorbimento nelle foglie e ruolo dei
fattori ambientali; conseguenze della emissione di idrocarburi
biogenici; analogie tra risposte vegetali all'ozono e ad altri
stress ossidativi; comprensione delle interazioni fra ozono e altri
inquinanti; previsione degli effetti a lungo termine sulla
vegetazione naturale). Annamaria Ranieri ha riassunto i meccanismi
vegetali di risposta all'ozono a livello molecolare. Nelle cellule
l'ozono si comporta come un elicitore fungino causando cambiamenti
metabolici simili a quelli conseguenti ad un attacco patogeno ed
inducendo una cascata di eventi regolati da molecole segnale che
mediano risposte secondarie a livello genico, ormonale e metabolico.
Nelle fasi iniziali si ha un 'burst' ossidativo nell'ambiente
apoplastico, con produzione di ROI (Reactive Oxygen Intermediates)
e di mediatori quali acqua ossigenata, etilene, acido salicilico. A
livello molecolare, l'ozono altera i complessi proteine-pigmenti dei
due fotosistemi ed induce geni che codificano proteine
cloroplastiche. Nonostante ciò, l'esatta biochimica di questo
inquinante non può ritenersi ancora completamente compresa.
Francesco Loreto ha inquadrato il problema della
produzione di idrocarburi da parte delle piante e della loro
interazione con l'ozono. Gli idrocarburi biogenici più importanti
sono gli isoprenoidi, che comunque non sono emessi da tutte le
specie, fatto che ne avalla l'uso a fini chemotassonomici. Gli
isoprenoidi sono estremamente reattivi e in presenza di composti
antropogenici (soprattutto ossidi di azoto) formano ozono e
contribuiscono indirettamente all'accumulo di gas serra perché
questi ultimi reagiscono più lentamente degli isoprenoidi coi
composti antropogenici. Piante fumigate con isoprene sono più
resistenti ai danni da ozono forse perché l'isoprene si interpone
fra i due strati lipidici delle membrane e ne ostacola la
perossidazione o forse perché ozono ed isoprene reagiscono tra loro
già negli spazi intercellulari impedendo all'ozono di raggiungere i
recettori. Anche l'inibizione della produzione di isoprene endogeno
determina un incremento dei danni da ozono. Gli isoprenoidi volatili
sono dunque dei potenti antiossidanti e al pari di altri isoprenoidi
non volatili (xantofille e caroteni) proteggono la pianta da stress
ossidativi.
Filippo Bussotti ha mostrato i sintomi visibili
indotti dall'ozono su varie specie forestali spontanee in Italia,
sia latifoglie che conifere. I sintomi sono stati riprodotti in open
top chambers e catalogati. Date le incertezze di ogni valutazione
visiva e visto che i sintomi sono variabili anche all'interno di una
stessa specie, si suggerisce comunque di definirli 'ozone-like'.
Sintomi anatomici sono osservabili al microscopio anche a livello
previsuale e consistono prevalentemente nell'alterazione strutturale
dei cloroplasti. Nelle latifoglie sono state osservate anche
risposte attive (incremento di metaboliti secondari quali tannini e
flavonoidi; incremento dello spessore della foglia, delle pareti
cellulari e delle cuticole) che avendo un costo metabolico implicano
una riduzione di crescita. I danni diretti alle foglie non
comportano automaticamente un danno fisiologico all'intera pianta,
grazie a meccanismi di compensazione quali il turnover con
foglie nuove più efficienti (se il terreno è sufficientemente
fertile) e l'aumento dell'efficienza fotosintetica delle foglie non
danneggiate.
La possibilità di utilizzare una specie arborea
come bioindicatore di ozono si scontra però al momento con alcune
difficoltà: la risposta è dilazionata nel tempo ed integra un
lungo periodo di esposizione; la risposta diminuisce all'aumentare
dell'esposizione; a fine stagione, le differenze fra esposizioni
diverse si riducono; la sensibilità diminuisce con l'età.
Tuttavia, lo studio di cloni sensibili può fornire le basi per un
utile monitoraggio ambientale. Elena Paoletti ha infatti evidenziato
come la sensibilità all'ozono vari non solo a livello
interspecifico, ma anche intraspecifico. Per alcune specie (Betula
pendula, Prunus serotina) sono già stati distinti cloni sensibili e
tolleranti. L'uso di cloni a diversa sensibilità all'ozono (es: Populus
deltoides x maximowiczii Eridano, sensibile, e P. x
euramericana I-214, resistente) o semplicemente con
adattamenti morfo-funzionali diversi (es: un clone siciliano e un
clone toscano di Fagus sylvatica) permette di derivare utili
informazioni sui meccanismi di azione dell'ozono. La presenza di
variazioni individuali nella risposta all'ozono apre la via alla
selezione di cloni resistenti da utilizzarsi sia per la ricerca sia
per l'impianto in aree con concentrazioni superiori ai livelli
critici. Non è una soluzione auspicabile, ma è probabilmente già
un dato di fatto. Negli USA, è stato infatti constatato che siamo
già in presenza di una selezione naturale per la tolleranza
all'ozono in alcune specie arboree (Populus tremuloides, Fraxinus
americana e F. pennsylvanica). Le future ricerche devono
quindi indirizzarsi a stabilire l'ereditabilità della sensibilità
all'ozono e quindi la forza selettiva dell'ozono nelle foreste di
oggi e di domani.
Marco Ferretti ha ricordato le sempre più
numerose segnalazioni di danni visibili attribuibili all'ozono su
specie arboree, arbustive ed erbacee, sia in centro-Europa che nel
bacino del Mediterraneo. L'uso dei sintomi fogliari visibili come
indicatori di ozono nelle indagini in campagna presenta due limiti
principali: possono essere confusi con quelli causati da altri
agenti e compaiono successivamente alle alterazioni fisiologiche,
biochimiche ed anatomiche, così che non rappresentano una vera e
propria "soglia di allarme". Tuttavia, la facilità del
rilievo ne suggerisce l'uso nel monitoraggio estensivo, purchè
siano ottemperati alcuni presupposti: corretta identificazione e
descrizione dei sintomi almeno per le specie prevalenti nell'area in
esame; esatta definizione dello scopo delle indagini (per poter
correlare i sintomi visibili con gli indicatori di stato, per es. i
livelli critici); adeguato design di campionamento, raccolta e
validazione dei dati. Ferretti ha poi riportato degli esempi
relativi ad alcuni casi di studio ed annunciato che da quest'anno
prenderà il via il rilievo dei sintomi visibili ozone-like
nelle aree CON.ECO.FOR. Armando Buffoni ha ricordato l'utilità dei
campionatori passivi per definire i livelli di ozono nelle aree
remote ed ha riportato i dati raccolti settimanalmente dal 1996 al
2000 nelle 20 aree CON.ECO.FOR. distribuite lungo tutto il
territorio nazionale. Sia le medie che le medie delle massime (da 15
giugno al 30 settembre) indicano che le concentrazioni maggiori si
registrano nell'Italia centromeridionale ed in particolare in
Sicilia. Questi dati rappresentano un importante contributo per
colmare la cronica carenza di informazioni sulla distribuzione degli
inquinanti nelle foreste italiane. Dal 1999 sono stati esposti nelle
stesse aree campionatori passivi per il biossido di azoto e da
quest'anno entrambe le indagini saranno estese a 5 nuove aree.
Paolo Cherubini ha riassunto le indagini condotte
nel Canton Ticino (Svizzera) a partire dagli inizi degli anni '90,
quando fu notato che la distribuzione dei sintomi visibili nei
boschi coincideva con quella dell'ozono troposferico, con una
maggiore presenza di danni nel Ticino meridionale, che si affaccia
sulla Pianura Padana. I sintomi sono stati poi verificati come
causati dall'ozono tramite studi in open top chambers
appositamente impiantate a Lattecaldo, presso Morbio (Chiasso,
Canton Ticino), utilizzando l'aria naturalmente inquinata
dell'ambiente circostante. I risultati di queste ricerche, oltre ad
essere stati pubblicati su riviste scientifiche internazionali, sono
stati oggetto di una campagna di divulgazione per metterne a
conoscenza l'opinione pubblica, tramite conferenze e contributi a
convegni, interviste a televisioni e radio locali e nazionali,
articoli su giornali locali e nazionali, su riviste specialistiche
rivolte a forestali e a coloro che si occupano di paesaggio, su
riviste di divulgazione scientifica ad ampia diffusione (anche in
Italia). È stata inoltre organizzata una mostra, dapprima in lingua
italiana, poi in lingua tedesca, rivolta al grande pubblico ed in
particolare ai giovani ed alle scuole. Durante il Festival della
Scienza, la ricerca sull'ozono è stata presentata a più di 30000
visitatori. L'Istituto federale di ricerca WSL è stato recentemente
nominato ICP-Forests Regional Validation Centre for Central
Europe for the assessment of visual ozone injury e Lattecaldo è
disponibile anche come "palestra" per collaborazioni
internazionali. Antonio Ballarin Denti ha confermato che la
probabile sorgente dell'inquinamento da ozono in Canton Ticino è
transfrontaliera. La Lombardia presenta infatti concentrazioni di
ozono assai elevate ed in aumento nell'ultimo decennio. Gran parte
della regione eccede i livelli critici. Le zone più a rischio sono
quelle della fascia prealpina nord-occidentale, direttamente
investite dal plume fotossidante milanese. Ballarin Denti ha poi
riportato i risultati di alcune ricerche sui profili verticali
dell'ozono sopra e sotto copertura, ed ha esposto la metodologia per
la mappatura delle aree a rischio seguita in Lombardia, sia per le
mappe di livello I (intersecando le eccedenze nelle esposizioni con
la distribuzione dei recettori, quali foreste, colture, specie
sensibili) che di livello II (tenendo conto dei fattori che possono
influire sull'effettivo assorbimento dell'ozono da parte delle
foglie, per es. il contenuto d'acqua nel suolo). Ivano Fumagalli ha
riassunto gli obiettivi delle indagini condotte in Italia dal 1988
nell'ambito dell'International Cooperative Programme on Crops (ICP-Vegetation)
dai quattro laboratori coinvolti - CESI (ex ENEL Ricerca),
Università di Pisa, Roma e Napoli - per valutare la presenza del
danno da ozono sulla vegetazione e per definirne i livelli critici,
a breve e a lungo termine, per le colture agrarie e le specie
seminaturali, tramite trattamenti con etilendiurea, esperimenti in
open top chambers e camere chiuse, e biomonitoraggio con trifoglio
bianco. I principali risultati evidenziano alti livelli di ozono
soprattutto nell'area mediterranea, spesso di gran lunga superiori a
quanto proposto in ambito UN/ECE come soglia di livello critico
dell'ozono per le colture (3000 ppb h per 3 mesi).
Luciano Iacoponi ha riportato una proposta per
valutare l'impatto ecologico dei consumi, traducendo le esigenze
economiche in superfici. L'impronta ecologica localizzata che se ne
deriva mostra che al mondo non c'è più spazio per l'espansione dei
consumi. Solo l'Italia dovrebbe quintuplicare il proprio territorio
nazionale per soddisfare i propri consumi. Ne deriva quindi la
giusta preoccupazione che il processo sia ormai sfuggito al nostro
controllo e che lo sviluppo non possa più essere definito
sostenibile. Infine, Giovanni Damiani, Direttore dell'ANPA (Agenzia
Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), ha riassunto i risultati
della giornata, sottolineando le giuste incertezze, che
inevitabilmente accompagnano il progresso della ricerca scientifica,
e i dati inconfutabili, che meriterebbero una maggiore diffusione.
Il sistema agenziale ANPA si propone proprio come ponte fra la
ricerca e la società, per traslare l'informazione scientifica al
cittadino, per armonizzare i dati e renderli comprensibili a tutti,
per stilare protocolli e metodologie pratiche che costituiscano le
basi di monitoraggio ordinario dell'ambiente, per favorire quella
rivoluzione culturale che consenta al cittadino di assumere
un'autoregolamentazione di comportamento e crei l'esigenza politica
che porti al cambiamento e ad un ambiente più compatibile con la
salute delle piante e dell'uomo.
Gli atti della Giornata di Studio "Ozono e
Foreste" sono stati stampati sul numero di marzo 2002
dell'Informatore Fitopatologico.
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(La Nazione, Sezione Cronaca di Pisa, 30 Maggio
2001)
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Sessione "Inquinamento e
Foreste" del III° Congresso Nazionale SISEF (Viterbo)
La V riunione del GdL si e' tenuta a Viterbo, come
sessione parallela, nell'ambito del III Congresso Nazionale SISEF
(15-18 ottobre 2001) ed ha visto la presentazione di 6 relazioni
orali e di 1 poster. Paoletti ha rivisitato la bibliografia
internazionale degli ultimi 20 anni sull'applicazione dei marker
biologici al monitoraggio dello stato funzionale dei boschi
sottoposti ad inquinamento (provato o presunto). Ferretti e Della
Rocca hanno riportato segnalazioni di danni visibili ozone-like in
Umbria e in Piemonte, rispettivamente, il primo focalizzando
l'attenzione sui problemi dell'inventariazione e il secondo sul
confronto fra manifestazioni macro- e micro- scopiche. Manes ha
correlato analisi morfo-strutturali ed eco- fisiologiche con dati di
riflettanza spettrale volti alla definizione della funzionalita'
delle faggete molisane. Buffoni ha inquadrato la qualita' dell'aria
nel parco del Ticino, indagine nata dall'ampliamento dell'aeroporto
di Malpensa. Roversi ha presentato il programma di monitoraggio
fitosanitario delle foreste toscane (META) basato su un software GIS
e rivolto alle dinamiche di popolazione di specie animali. Il poster
di Melati ha riassunto le attivita' di biomonitoraggio condotte dal
Suo Dipartimento. Dopo la valutazione dei referees, i lavori saranno
pubblicati sugli atti del III Congresso SISEF. In occasione di
questa riunione, e' stata anche avanzata la proposta di cambiare la
denominazione di questo GdL, da "Effetti dell'inquinamento
sugli ecosistemi forestali" a "Inquinamento e
foreste", dato che gli interessi del GdL sono andati
ampliandosi dall'anno dell'istituzione e visto che non si puo'
parlare di effetti senza inquadrare globalmente il problema.
Commenti su questa possibilita' sono benvenuti.
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Un approccio statistico per stimare
l'assorbimento di ozono e valutare gli effetti di stress idrico e
ozono sulla fotosintesi in un pino mediterraneo
Nel Novembre 2001, Nancy Grulke, USDA Forest
Service, Riverside, California, USA, ha tenuto a Firenze un
seminario sulle applicazioni di un modello statistico alla stima
dell'assorbimento di ozono in una specie mediterranea. Il testo
integrale della relazione è stato inviato a Monti e Boschi per la
pubblicazione. In un clima mediterraneo, è facile predire l'inizio
stagionale del periodo siccitoso, e ciò facilita la stima della
conduttanza stomatica (gs) e quindi il calcolo dell'assorbimento di
ozono (O3). In questo tipo di approccio statistico, come specie di
riferimento è stato scelto il Pinus ponderosa, una conifera
sensibile all'O3 ampiamente diffusa nella regione a clima
mediterraneo degli Stati Uniti. Per tradurre le misure diurne
mensili di gs in andamenti diurni giornalieri è stato usato un
modello statistico generale che utilizza il giorno dell'anno, l'ora
del giorno, il potenziale idrico pre-dawn, la luce (PPFR) e una
regressione sito-specifica per la relazione tra gs e PPFR.
L'assorbimento orario di O3 è stato calcolato sulla base delle
stime orarie di gs, delle misure orarie delle concentrazioni di O3,
e di una costante per correggere le differenze di diffusività tra
vapor d'acqua e O3, con l'obiettivo di stabilire gli indici migliori
tra: 1) esposizione all'O3 e assorbimento di O3; 2) fotosintesi
netta (A) e lorda (Pg). Inoltre, è stato anche valutato se lo
stress idrico nella tarda estate eserciti un'azione protettiva o
deleteria sulla fotosintesi durante l'esposizione all'O3.
L'esposizione all'O3 si è dimostrata un indice quasi altrettanto
valido dell'assorbimento di O3 per descrivere la riduzione della
fotosintesi, mentre Pg era più sensibile di A come indice di
risposta biologica all'O3. Questi leggeri miglioramenti nella
risoluzione della risposta all'O3 hanno permesso di quantificare un
valore soglia, oltre il quale l'assorbimento di O3 è ritenuto
deleterio per l'acquisizione del carbonio. L'assorbimento di O3 e la
siccità si combinavano sinergicamente per diminuire la fotosintesi.
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