Inquinanti: Origini, Principali Effetti Sull’Uomo E Sull’Ambiente

L’inquinamento atmosferico

Il termine “inquinamento” indica una modifica delle caratteristiche di un sistema. Nel caso specifico dell’atmosfera esso comporta la presenza di sostanze normalmente assenti oppure presenti in concentrazioni inferiori e che producono tutte effetti misurabili su persone, animali, vegetali e materiali.

I componenti fondamentali dell’aria sono Azoto (N2) e Ossigeno (O2), i quali concorrono a raggiungere ben il 99.04 % in volume; il resto è costituito da vapor acqueo, Biossido di Carbonio e gas rari, come mostrato in Tabella 1.

Tabella 1  Composizione dell’aria

 

Comp. in volume

Comp. in peso

 

GAS

Formula

P.M.

%

ppm*

%

ppm

 

Azoto

N2

28.0

78.09

780880

75.53

755 270

 

Ossigeno

O2

32.0

20.95

209490

23.14

231 430

 

Argo

Ar

39.9

0.93

9300

1.28

12 820

 

Anidride Carbonica

CO2

44.0

0.03

300

0.05

456

 

Neon

Ne

20.2

 

18

 

12.5

 

Elio

He

4.0

 

5.24

 

0.724

 

Metano

CH4

16.0

 

variabile

 

variabile

 

Cripto

Kr

83.8

 

1.14

 

3.3

 

Ossido nitroso

N2O

44.0

 

0.5

 

0.76

 

Idrogeno

H2

2.0

 

0.5

 

0.0348

 

Xeno

Xe

131.3

 

0.086

 

0.39

 

*(temperatura = 0° C, 273 °K, pressione=1 atm., 101.3 Pa)

 

Come tutti i sistemi dinamici, anche l’aria è in continua evoluzione e la sua composizione chimica naturale è il risultato di un bilancio che coinvolge molteplici fenomeni, tra i quali spicca l’ossidazione di gas con bassi stati di ossidazione, proprio in virtù della natura fortemente ossidativa dell’atmosfera.

Le cause dell’inquinamento possono risiedere sia nei processi naturali, sia nelle attività antropiche; tra i primi rivestono un ruolo significativo l’erosione dei materiali litoidi ad opera del vento con formazione di polveri aerodisperse, la respirazione di tutte le specie viventi con produzione di biossido di carbonio nelle ore notturne, la produzione di ozono durante i temporali a causa dei fulmini, sebbene si tratti di un fenomeno sporadico.

Questo tipo di inquinamento non risulta pericoloso ai fini della vita umana e della tutela dell’ambiente a differenza invece di quello antropico, causato principalmente dai processi di combustione e dai cicli tecnologici che producono composti residui tossici. Il fatto che gli inquinanti di origine antropica siano concentrati in aree ridotte porta a situazioni critiche che possono essere ulteriormente aggravate da condizioni meteorologiche che favoriscono il ristagno e da morfologie territoriali ed urbanistiche avverse alla ventilazione.

Indipendentemente dall’origine, gli inquinanti vengono distinti in primari e secondari, a seconda che siano direttamente immessi nell’ambiente oppure vengano prodotti in atmosfera a seguito di reazioni chimiche o fotochimiche.

Inquinanti primari

Ossidi di carbonio

Gli ossidi di carbonio, inodori, incolori e insapori costituiscono il prodotto di combustione di tutte le sostanze organiche.

In generale, nella combustione di composti contenenti carbonio le reazioni coinvolte sono:

2C+O2 ® 2CO

CO+O2 ® 2CO2  

e la prima reazione è circa 10 volte più veloce della seconda.

Ad elevata temperatura, ad esempio negli altoforni, CO2 e composti contenenti carbonio generano monossido di carbonio:

CO2 + C ® 2CO

Per quanto riguarda gli idrocarburi, la loro combustione avviene secondo la reazione

CnHm + (n+m/4) O2 ®  n CO2 + m/2 H2O

Gli ossidi di carbonio hanno un elevato tempo di permanenza in atmosfera (dell'ordine dei mesi per il CO, delle decine di anni per la CO2) e sono composti generalmente piuttosto stabili.

Biossido di carbonio (CO2)

Innocuo per l’uomo, ma responsabile, anche se non unico, del cosiddetto “effetto serra”, costituisce il prodotto finale di ogni ossidazione di sostanza organica; inoltre è un costituente naturale dell’aria che, per la sua capacità di assorbire i raggi infrarossi, gioca un ruolo importante per il bilancio termico dell’atmosfera terrestre. L’organismo umano nella sua funzione respiratoria è largamente indipendente dalle variazioni rilevate del livello di CO2 in atmosfera e quindi generalmente per questo motivo non viene analizzata in modo sistematico. Al contrario il suo accumulo in ambienti chiusi determina fenomeni di soffocamento progressivo e a concentrazioni superiori al 6% provoca danni acuti.

Monossido di carbonio (CO)

È un composto, instabile nei confronti del biossido di carbonio (CO2), che si forma come intermedio di reazione durante la combustione, quando questa è incompleta per difetto di ossigeno.

Le fonti naturali sono rappresentate dai processi di ossidazione del metano nell'atmosfera, dalle emissioni da parte degli oceani, dagli incendi delle foreste, dalle attività vulcaniche, dai gas di palude.

Fra le fonti antropiche vanno annoverati tutti quei processi che bruciano carbone, petrolio, cherosene, metano, benzina. La fonte più rilevante è costituita dagli autoveicoli a benzina che arrivano al 70% delle emissioni totali, mentre il rimanente 30% è ascrivibile alle emissioni di alcune industrie (ad esempio raffinerie di petrolio, impianti siderurgici, cartiere), degli inceneritori e degli impianti per la produzione di energia.

In un processo teorico di combustione, in presenza di un eccesso di ossigeno, il monossido di carbonio dovrebbe scomparire completamente, ma quando la temperatura di reazione non è particolarmente elevata o quando il tempo di contatto tra questo inquinante e l’ossigeno non è sufficiente la reazione non avviene in maniera completa.

Queste condizioni si verificano, per i motori dei veicoli, nei casi in cui il rapporto di compressione non sia ottimale o in cui il motore sia a bassi regimi (decelerazione, marcia “al minimo”). Analoghe considerazioni possono essere fatte per le caldaie ad uso domestico o industriale.

Le immissioni di CO nell’aria potrebbero subire una riduzione per il verificarsi di una serie di situazioni favorevoli: i progressi conseguiti nel miglioramento dei combustibili, la conversione al gas naturale della maggior parte delle caldaie ad uso domestico o industriale, l’introduzione delle marmitte catalitiche per le auto.

Come tutti gli inquinanti primari, il monossido di carbonio raggiunge valori massimi nei mesi invernali, quando all’inquinamento industriale e da traffico si aggiunge quello dovuto alle caldaie ad uso domestico.

Il monossido di carbonio agisce sull’uomo causando problemi al sistema respiratorio e, ad elevate concentrazioni, la morte per asfissia. La sola via di esposizione per l'uomo è costituita dall'inalazione.

La normativa italiana (standards di qualità del DPCM 28/3/83) prevede le soglie di 10mg/m3 per otto ore e di 40mg/m3 come concentrazione media oraria che dovrebbero corrispondere ad un non superamento del 5% e del 2,5-3% di COHb nel sangue. I livelli d’attenzione e allarme (DM 15/4/94) sono di 15mg/m3 e 30mg/m3.

Ossidi di azoto

Gli ossidi di azoto che possono essere rilevati nell’aria sono 7: NO, NO2, N2O, NO3, N2O3, N2O4, e N2O5.  l'azoto può essere presente anche come HNO2, HNO3 e altre specie organiche.  L’ossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2) sono le specie presenti in concentrazioni più elevate e sono quelle maggiormente studiate e insieme vengono generalmente indicati come NOX.

Sia l'NO che l'NO2 si originano per reazione dell’azoto contenuto nell’aria con l’ossigeno atmosferico secondo le seguenti reazioni:

N2 + O2   ® 2NO

2NO + O2  ® 2NO2

Alle normali temperature dell'aria, l'ossigeno e l'azoto reagiscono pochissimo tra loro e pertanto le suddette reazioni non avvengono. Solo durante le reazioni di combustione, in cui vengono superati i 1100°C, si ha una rapida produzione di NO mediante la prima reazione, mentre normalmente non più dello 0.5% dell'NO si trasforma in NO2 mediante la seconda reazione.

La notevole reattività fotochimica è sicuramente la caratteristica peculiare degli ossidi di azoto; infatti, tra gli inquinanti atmosferici, l'NO2 è quello che assorbe più efficientemente i raggi UV che raggiungono la terra. L'interazione tra NO2 e UV conduce ad una complessa serie di reazioni che vengono denominate “Ciclo Fotochimico”:

NO2 +h     ® NO + O

O + O2   ® O3

O3 + NO  ® NO2 + O2

Poichè l'NO2 viene rigenerato dalla reazione dell'NO e dell'O3 formati, il risultato complessivo sembrerebbe una reazione ciclica continua. Purtroppo, appena nel sistema vengono introdotti gli idrocarburi, si verifica una modificazione degli equilibri: gli idrocarburi reagiscono con gli atomi di ossigeno formando dei radicali liberi altamente reattivi che, a loro volta, ossidano l'NO a NO2 senza consumo di ozono, favorendo l’accumulo di NO2 e di O3. I radicali liberi possono ancora reagire con l'NO2 per formare il PAN (nitrato di perossiacetilene) o con gli idrocarburi per formare aldeidi, chetoni e alchilnitrati.

Tornando alle fonti di NOx, quelle antropiche, che sono le più significative, sono costituite dalle reazioni di combustione dei combustibili fossili sia in sorgenti stazionarie (quali le centrali termoelettriche e i riscaldamenti domestici) sia mobili (quali gli autoveicoli a combustione interna). A causa della elevata energia di attivazione necessaria, la formazione di ossidi di azoto è favorita nei casi in cui, durante la combustione, si raggiungono temperature estremamente elevate (anche solo in particolari zone di un bruciatore); le medesime condizioni, d’altra parte, portano alla minor produzione di monossido di carbonio.

I livelli ambientali di questi inquinanti possono essere molto elevati sia nell’aria esterna delle zone urbane densamente popolate e con elevato traffico veicolare, sia negli ambienti interni.  I livelli urbani variano a seconda dell'ora, della stagione e delle condizioni meteorologiche. Sono tipici, comunque, dei picchi corrispondenti alle ore di punta del traffico autoveicolare.

Gli NOx sono gas, per questa ragione la sola via significativa di esposizione è costituita dall'inalazione.

Per l’NO alle normali concentrazioni riscontrabili nell'ambiente non sono stati mai riportati fenomeni di irritazione o altri effetti sanitari. Per l’NO2 l'effetto maggiore per elevate concentrazioni è l'edema polmonare.

Non esiste un “No Effect Level” per esposizioni croniche o subcroniche a NOx. Il DPR 24/5/88 n. 203 stabilisce come limite di accettabilità la concentrazione di 200µg/m3 al 98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l’anno solare; parimenti fissa i valori guida di qualità dell’aria per l’NO2 al 98° e 50° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l’anno rispettivamente a 135 e 50µg/m3. Il DM 15/4/94 stabilisce i valori di 200µg/m3 h e 400µg/m3 h come medie orarie per i livelli d’attenzione e allarme.

Sulla base di un valore di fondo di NO2 di 15 µg/m3 (0.008 ppm) e dell’osservazione che si possono rilevare effetti significativi sulla salute con incrementi di livello di 28.2µg/m3 (0.015 ppm), è stato stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità un valore guida annuale di 40 µg/m3 .

Ossidi di zolfo

Dalla combustione dei materiali contenenti zolfo vengono prodotti ossidi di questo elemento: anidride solforosa o biossido di zolfo (SO2) e anidride solforica (SO3). Lo zolfo può essere immesso in atmosfera anche come H2S, H2SO3 e H2SO4 oltre ai diversi solfati.

I due composti SO2 e SO3 (indicati con il termine generale di SOx) sono i principali responsabili dell’inquinamento atmosferico da ossidi di zolfo. L’ SO2 viene generato per il riscaldamento di uso domestico e la produzione di energia dall'impiego di combustibili fossili, attività industriali e traffico autoveicolare.

La formazione di SOx è rappresentata principalmente dai seguenti equilibri:

S+O2 « SO2

2SO2+O2 « 2SO3

La quantità di SO3 prodotta è generalmente sempre molto modesta, poiché in presenza di vapor d’acqua questo si trasforma facilmente in acido solforico (H2SO4):

SO3 + H2O ® H2SO4

Le concentrazioni di SO2 variano notevolmente nello spazio in quanto, pur dipendendo dall'intensità delle sorgenti locali, vengono influenzate dalle caratteristiche meteodiffusive.

I livelli naturali di SO2 sono usualmente inferiori a 5µg/m3. I livelli tipici di concentrazione attualmente non superano le poche decine di ppb; infatti, poiché la quantità di ossidi di zolfo prodotti in un processo di combustione dipende esclusivamente dalla percentuale di zolfo presente nel carburante, a seguito degli interventi operati sulla qualità dei combustibili, l’emissione nelle aree urbane è stata drasticamente ridotta.

Per quanto riguarda gli effetti sanitari indotti dall'SO2, la via di esposizione significativa è costituita dall'inalazione; alte concentrazioni di SO2 possono indurre effetti gravi all’apparato respiratorio.

Per quanto riguarda i danni ai manufatti, rilevanti sono quelli sui materiali da costruzione (in particolare quelli contenenti carbonati) che vengono attaccati dalle alte concentrazioni di acido solforico con conseguente conversione dei carbonati (CaCO3) in solfati (CaSO4)

I valori guida di qualità dell’aria relativi all’SO2 vigenti sul territorio nazionale fissano come livello medio per 24 ore 100-150 SO2 µg/m3 (35-58 ppb) e 40-60 µg/m3 (15-23 ppb) come media delle concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell’arco di un anno (periodo aprile-marzo). I limiti definiti dai DM 12/11/92 e 25/11/94 indicano un livello di attenzione pari a 125 µg/m3 (48 ppb) e un livello di allarme di 250 µg/m3 (96 ppb) per un rilevamento di 24 ore.

Polveri sospese

Con la terminologia di “aerosol atmosferici”, “particelle sospese” o “materiale particolato sospeso” si intende l’insieme delle particelle la cui dimensione può variare da pochi angstrom a qualche centinaia di micron (mm). Sono tutte le particelle solide o liquide disperse nell'aria come, ad esempio, fuliggine, polvere, cenere, polline, ecc.

·        il particolato da erosione per attrito meccanico o per effetto delle intemperie su manufatti prodotti dall’uomo;

·        il particolato prodotto per ricombinazione o strippaggio nelle reazioni di combustione incompleta nell’industria (nei fumi di centrali termoelettriche e inceneritori), o nelle aree urbane (traffico veicolare, riscaldamento domestico) costituito da residui carboniosi.

La principale via di esposizione per l'uomo è rappresentata dall'inalazione; gli effetti sanitari indotti dalle particelle sospese dipendono essenzialmente dalle loro dimensioni (ostruzione delle vie respiratorie) e dalle sostanze da esse veicolate; inoltre è ormai accertato un effetto sinergico in seguito all'esposizione combinata alle particelle sospese e all'SO2.

Le “polveri” di origine antropica, oltre che rilasciate direttamente da alcuni cicli produttivi (industria delle costruzioni, cementifici, vernici, fonderie, miniere, ecc.) sono riconducibili principalmente a due tipologie:

L’OMS ha presentato nel 1987 un valore guida per il PM10 (polveri di diametro inferiore a 10 micron) di 70 µg/m3 per 24 ore.

Le norme vigenti in Italia indicano come obiettivo di qualità per il PM10, a partire dal 1/01/1999, un valore di 40µg/m3 per 24 ore di rilevamento (DM 25/11/94).

In Italia i limiti di legge (DPCM del 28/3/83) per le particelle sospese sono: 150µg/m3 (media aritmetica di tutte le concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell'arco di un anno) e 300 µg/m3 (95° percentile di tutte le concentrazioni medie di 24 ore rilevate nell'arco di un anno).

I valori guida, sanciti nel D.P.R. n° 203 del 24/5/88, sono espressi come indice di fumo nero e sono quelli suggeriti dalla CEE: da 40 a 60µg/fumo nero equivalente/m3 come media aritmetica delle concentrazioni medie di 24h rilevate durante un anno e da 100 a 150 µg/fumo nero equivalente/m3 come valore medio delle 24 ore.

Composti organici volatili (COV) e idrocarburi

Con la dicitura composti organici volatili (COV o VOC - Volatile Organic Compounds), si intendono tutta quella serie di composti organici, prodotti dalle attività umane o naturali, che si trovano allo stato di gas alle condizioni di temperatura e pressione esistenti a livello troposferico.

Su scala globale, le emissioni naturali ed antropogeniche dei COV sono dello stesso ordine di grandezza, a causa dell’elevato numero di processi di decomposizione biologica della materia organica dalle biomasse.

La fonte antropica di maggior peso è il traffico autoveicolare, poiché esso realizza una combustione a volume costante; importanti sono anche le caratteristiche del combustibile stesso, poiché mentre il metano brucia tendenzialmente in maniera completa, con l’aumento del peso molecolare degli idrocarburi si ha maggiore probabilità di rilascio di incombusti, nonché maggiore formazione di prodotti di ossidazione parziale.

Alcuni idrocarburi sono dotati di elevata tossicità e sono pertanto oggetto di campagne di monitoraggio finalizzate; tra questi sono da considerare in particolare gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) e il benzene. Un certo interesse ambientale assumono anche i clorofluorocarburi (CFC), inerti nella troposfera, ma estremamente reattivi nell’ozonosfera, dove contribuiscono in maniera determinante alla formazione del “buco dell’ozono”.

Benzene (C6H6)

Il benzene (C6H6) è il composto aromatico più semplice, essendo costituito da un unico anello a sei atomi di carbonio. E' chiaro, incolore e dotato di un odore caratteristico che risulta piacevole a concentrazioni basse, sgradevole a concentrazioni elevate. E' un costituente della benzina e ne sono particolarmente ricche le benzine "verdi", che ne sfruttano le proprietà antidetonanti. La maggior parte è dovuta alle emissioni di origine veicolare, mentre la rimanente parte deriva dalle emissioni di sorgenti fisse, principalmente da processi industriali.

Il benzene, a differenza di altri COV, è una molecola stabile e relativamente inerte e non ha un ruolo significativo nei processi di inquinamento secondario. La concentrazione di benzene nelle aree urbane varia fra le poche unità e le poche decine di ppb.

A causa della notevole volatilità, la principale via di esposizione per l'uomo è rappresentata dall'inalazione, sebbene anche l'ingestione non sia trascurabile a causa del trasferimento lungo la catena alimentare. Gli effetti sanitari indotti dal benzene comportano danni al sistema nervoso centrale e, a seguito di prolungate esposizioni, la leucemia.

Il benzene viene classificato dalla International Agency for Research on Cancer (IARC) come appartenente al Gruppo 1, di cui fanno parte tutte quelle sostanze per le quali è stato accertato il potere cancerogeno nell'uomo; per questo motivo non è possibile stabilire un limite di sicurezza e si considera che qualunque livello di esposizione possa determinare un rischio aggiuntivo di tumore. Il DM del 25/11/94 fissa come obiettivo di qualità a partire dal 1/1/99 il valore medio annuale di 10 µg/m3 di benzene; tale limite è 4 volte superiore a quello stabilito dall’OMS (2.5 µg/m3).

Gli idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e il Benzo(a)pirene (C20H12)

Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono composti organici la cui struttura è caratterizzata dalla fusione di due o più anelli aromatici; essi costituiscono una grande classe di composti prodotti durante la combustione incompleta di materiale organico e sono sempre presenti in miscela nell’atmosfera, per lo più adsorbiti sul particolato a causa della loro bassa tensione di vapore, che li fa condensare rapidamente. Sono molecole stabili e risultano perciò inerti.

Tra le fonti di natura antropica si possono annoverare gli impianti di produzione di alluminio, ferro e acciaio, gli impianti di riscaldamento, il traffico autoveicolare, gli inceneritori e il fumo di tabacco.

La concentrazione media di singoli IPA nelle aree urbane può variare notevolmente: per il benzo(a)pirene ad esempio sono stati misurati livelli compresi tra 0.01 a 30 ng/m3 , mentre in zone particolarmente inquinate sono stati misurati valori pari a 15-120 ng/m3, con un valore massimo di 950 ng/m3.

La legislazione italiana prescrive che nelle principali aree urbane siano determinate la concentrazione delle "polveri respirabili" (particelle con diametro aerodinamico inferiore a 10 µm) e la concentrazione in aria del solo Benz(a)Pirene (BaPy), che è il più potente cancerogeno tra gli idrocarburi policiclici aromatici non sostituiti, quantunque le specie appartenenti alla classe degli IPA classificate come possibili cancerogeni siano ben sette. Le norme vigenti sul territorio nazionale indicano per il benzo(a)pirene un valore limite di 1 ng/m3 (media giornaliera) (DM 25/11/94).

Piombo

La principale fonte di immissione del metallo nell'atmosfera è rappresentata dai gas di scarico degli autoveicoli che utilizzano benzina con Pb. Altre fonti antropiche sono rappresentate dalla combustione del carbone e dell'olio combustibile, dai processi di estrazione e lavorazione di minerali contenenti Pb, dalle fonderie, dalle industrie ceramiche e dagli inceneritori di rifiuti .

I composti del piombo sono tossici per la salute e per l'ambiente; le caratteristiche di stabilità chimica e di persistenza favoriscono la contaminazione di tutti i comparti ambientali (acque, suolo, vegetali, etc.) e l'accumulazione nella catena alimentare. L'assorbimento del Pb, come di qualsiasi altro metallo, può verificarsi tramite inalazione e ingestione.

Il livello di fondo presente nell'atmosfera è di 5.10-5 µg/m3. La legislazione italiana ha adottato per il Pb dell'aria il valore limite della CE di 2µg/m3 come media aritmetica delle concentrazioni medie delle 24 ore rilevate in 1 anno (DPCM del 28 marzo 1983). La concentrazione massima ammissibile nell'acqua destinata al consumo umano è di 50µg/l (DPR n. 236 del 24 maggio 88, DL 152 del 11 maggio 99).

Mercurio

Secondo alcune stime circa l’80% del mercurio immesso nell’ambiente deriva da fonti naturali (erosione delle rocce da parte degli agenti atmosferici e dei fiumi, vaporizzazione dalla crosta terrestre); il rimanente 20%, di origine antropica, deriva dalla combustione di petrolio e carbone nelle centrali elettriche, da inceneritori e da perdite in processi industriali.

Sversato in acqua, può trasformarsi in metilmercurio, sua forma solubile, ed entrare nella catena alimentare attraverso i pesci. Il mercurio è risultato essere estremamente tossico per il sistema nervoso centrale e periferico.

L'OMS ha stabilito una dose (“Provisional tolerable weekly intake”-PTWI) a 5g/kg peso corporeo per il mercurio dove non più di 3,3g possono essere mercurio metilato.

Cadmio

La maggior parte del Cadmio, oltre ad essere utilizzata industrialmente nell’elettroplaccatura (cadmiatura), viene impiegato per produrre pigmenti inalterabili al riscaldamento.

Le vie respiratorie ed il tratto gastrointestinale sono le due maggiori vie di assorbimento del Cadmio nell’uomo; è un elemento che si accumula nell’organismo. I composti del cadmio sono classificati come tossici con un possibile rischio di effetti irreversibili sulla salute umana.

L'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha stabilito per il cadmio una dose settimanale tollerabile di cadmio pari a 7 µg/kg peso corporeo (circa 70 µg al giorno per una persona adulta).

Diossine e Furani

Con il termine «diossine» si fa riferimento a sostanze diverse con caratteristiche chimiche e proprietà simili: le policlorodibenzodiossine (PCDD) e i policlorodibenzofurani (PCDF). A causa delle simili caratteristiche di tossicità, a queste due famiglie di composti si aggiungono generalmente i policlorobifenili (PCB).

Le diossine vengono generate da tutti i processi di combustione e sono estremamente tossiche, anche a basse concentrazioni.

Purtroppo le molecole di questi composti sono estremamente resistenti (sono distrutte solo per combustione a oltre 800 °C) e quindi una volta immesse nell’ambiente sono presenti ovunque in concentrazioni dell’ordine di qualche picogrammo (10 –12) o femtogrammo (10-15).

Per quanto riguarda la combustione dei rifiuti, le diossine sono prodotte quando il processo di combustione dei materiali contenenti cloro avviene in difetto di ossigeno e a temperature inferiori a 800°C. Negli impianti di incenerimento sono tuttavia obbligatori già da parecchio tempo degli accorgimenti tecnici che garantiscano la permanenza dei fumi di combustione ad una temperatura non inferiore a 850°C per un tempo sufficientemente lungo da garantire la completa distruzione di tutti i prodotti di combustione, tra cui appunto le diossine. Di particolare interesse risultano inoltre i meccanismi di riformazione delle diossine nelle sezioni “fredde” degli impianti di incenerimento (caldaia, sistemi di depolverazione). Con una serie di accorgimenti tecnici tali meccanismi possono essere minimizzati, e comunque le diossine prodotte vengono rimosse mediante sistemi di adsorbimento o ossidazione catalitica, fino al rispetto dei più restrittivi limiti dilegge.

La pericolosità di tutti questi composti deriva dalla loro capacità di alterare i meccanismi che controllano lo sviluppo e la crescita cellulare, ed è potenziata dalla loro persistenza e diffondibilità nell'ambiente e dal fenomeno di bioaccumulazione attraverso la catena alimentare. C’è un considerevole dibattito circa le soglie per gli effetti delle diossine sulla salute umana. L’OMS negli ultimi dieci anni ha ritoccato due volte il valore di Dose Giornaliera Tollerabile (TDI) per le diossine e precisamente nel 1990 portandolo a 10 pg/kg-bw (picogrammi per chilogrammo di peso corporeo) e nel 1998 abbassandolo a 1 pg/kg-bw.

Inquinanti secondari e smog fotochimico

Ozono (O3 )

La quasi totalità della riserva planetaria di ozono si trova nella fascia compresa fra i 20 e i 30 Km di quota, detta appunto ozonosfera. I livelli troposferici naturali di ozono sono invece molto bassi e legati al minimo scambio esistente fra la ozonosfera e la troposfera e all'attività fotochimica associata ai processi emissivi naturali. L'ozono presente nella troposfera è di origine secondaria; nelle aree non inquinate del pianeta le concentrazioni di fondo osservate variano da circa 40 a 160µg/m3.

Gli effetti potenziali di un aumento globale dell’ozono osservato in quest’ultimo secolo non sono ancora ben definiti, ma hanno comunque forti implicazioni sia nei cambiamenti climatici che nella salute umana.

Gli effetti acuti dovuti ad esposizioni a breve termine sono rappresentati generalmente da cambiamenti reversibili alle vie aeree. L’OMS ha presentato per l’O3 un valore raccomandato di 120µg/m3 (56ppb) mediato su otto ore di esposizione.

Per quanto riguarda le grandi aree urbane, in Italia sono stati definiti dai DM 12/11/92 e 25/11/94 dei limiti che indicano come livello di attenzione 180µg/m3 (84ppb) e come livello di allarme 360µg/m3 (168 ppb), entrambi mediati su 1 ora.

Perossi-Acetil-Nitrato (PAN) CH3(CO)-O-ONO2

Il perossiacetilnitrato (PAN) è un nitrocomposto organico che si forma in atmosfera in periodi di intensa attività ossidativa. L’effetto del PAN sulla salute umana consiste essenzialmente nell’irritazione degli occhi; questa specie è inoltre responsabile di effetti fitotossici.

Acido Nitrico HNO3  

La principale sorgente dell’acido nitrico in atmosfera è la reazione del biossido d'azoto (NO2) con i radicali ossidrile (OH) durante gli eventi di smog fotochimico. Gli effetti diretti dell’acido nitrico sono legati al carattere fortemente acido della molecola. La concentrazione atmosferica dell’acido varia da poche unità a 20-30ppb.

Acido nitroso HNO2

L'acido nitroso ha origine principalmente dalla reazione tra biossido d'azoto e acqua, che ha carattere eterogeneo (avviene sulle superfici). È un composto chiave per il realizzarsi di fenomeni di smog fotochimico. La concentrazione atmosferica dell’acido nitroso varia da poche unità a 10-20 ppb.

Formaldeide HCHO

Le sorgenti atmosferiche di formaldeide, composto organico ossigenato volatile, sono costituite principalmente dall’ossidazione degli idrocarburi. Nelle aree urbane, ed in particolare nelle aree dove l'attività ossidativa dell'atmosfera è intensa, si riscontrano concentrazioni elevate di formaldeide da attribuire essenzialmente a processi fotochimici. La concentrazione atmosferica varia da poche unità a qualche decina di ppb.

Composti inorganici in fase particellare: NO3- (Nitrati)

In condizioni di inquinamento fotochimico si osserva in atmosfera la formazione di un gran numero di particelle, tra cui i più abbondanti sono i nitrati, formati a partire dall’acido nitrico. Concentrazioni elevate di composti inorganici in fase particellare possono causare all'uomo irritazione delle vie respiratorie.

Nitro-IPA: C16H9NO2 (2-Nitrofluorantene)

Le sorgenti atmosferiche dei Nitro-IPA sono le reazioni di combustione in presenza di ossidi di azoto e le reazioni radicaliche tra gli IPA e gli agenti nitranti prodotti durante i fenomeni di smog fotochimico. I Nitro-IPA sono da tempo oggetto di studio per il loro impatto sulla salute dell'uomo.

Influenza dei parametri meteorologici sulle concentrazioni degli inquinanti

Gli inquinanti emessi in atmosfera da una sorgente sono soggetti a diffusione e dispersione, fenomeni in cui sono rilevanti le influenze delle variabili meteorologiche. Per l’inquinamento a scala locale contano soprattutto l'intensità del vento e la turbolenza (meccanica e termodinamica) dei bassi strati atmosferici. Per l’inquinamento a grande scala occorre considerare le variazioni del vento con la quota e la turbolenza determinata dalle aree cicloniche e anticicloniche.

Le inversioni termiche

Nei 10 km inferiori dell’atmosfera (troposfera) la temperatura dell’aria generalmente decresce con l’altezza di circa 7°C per Km; le masse d’aria vicine alla superficie terrestre tendono a salire verso l’alto perché più calde e vengono sostituite da masse d’aria fredda provenienti dall’alto causando il rimescolamento degli strati inferiori della troposfera.

In alcuni casi, tuttavia, la temperatura dell’aria ad una certa altezza può avere un andamento crescente con l’altitudine in un tratto limitato detto strato di inversione, che agisce come un ostacolo sugli inquinanti prodotti al suolo: essi non vengono rapidamente miscelati con l’intera troposfera e restano confinati nel volume di aria al di sotto dello strato di inversione, con conseguente aumento della loro concentrazione.