Ossidi di azoto (NOx)

Il presente paragrafo è stato tratto in molte sue parti da:

·        “Appunti sugli agenti nocivi- BIOSSIDI DI AZOTO 1.Serie Noxiae- Dipartimento Effetti Biologici e Sanitari degli Agenti Nocivi” a cura del Dip. Ambiente dell’ ENEA 1992.

·        “Rapporto tra morbilità, mortalità e inquinamento atmosferico” Piano Regionale della Qualità dell’Aria -Attività A 2- a cura di Dott. L. Airoldi Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri-Milano, 2000.

di cui sono stati riportati in appendice bibliografica i riferimenti riportati dagli autori.

 

 

Gli ossidi di azoto che possono essere rilevati nell’aria sono 7: NO, NO2, N2O, NO3, N2O3, N2O4, e N2O5.  Questi possono essere presenti anche come HNO2, HNO3 e altre specie organiche azotate.  Le concentrazioni e le specie di ossidi di azoto nell’aria possono variare notevolmente in funzione del luogo, dell’ora del giorno e della stagione.  L’ossido di azoto (NO) e il biossido di azoto (NO2) sono le specie presenti in concentrazioni più elevate e sono quelle maggiormente studiate e insieme vengono generalmente indicati come NOX.

L’NO è un gas incolore e inodore; l’NO2 ha colore rosso-bruno ed un odore pungente e soffocante che viene percepito olfattivamente a concentrazioni comprese tra 200 e 410 µg/m3. Per aumenti graduali della concentrazione da 0 a 51 mg/m3, nell’arco di 15 minuti, non viene però percepito alcun odore a causa del fenomeno di adattamento che si viene a determinare (WHO, 1987; Gilli et al., 1988).

Le origini

Sia l’NO che l’NO2 si originano per reazione dell’azoto contenuto nell’aria (c.a. 79% N2) con l’ossigeno atmosferico secondo le seguenti reazioni:

N2 + O2   ® 2NO

2NO + O2  ® 2NO2

In fase di reazione si forma quasi quantitativamente il monossido che, in seguito, si converte in biossido. Per questo motivo il biossido di azoto viene considerato da alcuni come inquinante secondario.

Alle normali temperature dell’aria, l’ossigeno e l’azoto reagiscono pochissimo tra loro e pertanto le suddette reazioni non avvengono. Solo durante le reazioni di combustione, in cui vengono superati i 1100°C, si ha una rapida produzione di NO mediante la prima reazione, mentre normalmente non si forma più dello 0.5% di NO2 mediante la seconda reazione.

La sintesi dell’NO2 può avvenire però anche attraverso il ciclo fotolitico (paragrafo 0) che coinvolge principalmente gli NOx, l’ozono (O3), gli idrocarburi, le aldeidi e il perossiacetilnitrato (PAN), cioè i così detti inquinanti fotochimici. Tra gli inquinanti atmosferici, l’NO2 è quello che assorbe più efficientemente la luce UV che raggiunge la terra. L’interazione tra NO2 e UV conduce ad una complessa serie di reazioni:

NO2      ® NO + O

O + O2   ® O3

O3 + NO  ® NO2 + O2

La notevole reattività fotochimica è sicuramente la caratteristica peculiare degli ossidi di azoto. Le reazioni fotochimiche avvengono in seguito all’assorbimento di energia proveniente dalla radiazione solare da parte di molecole, atomi e ioni. Questo tipo di reattività li rende precursori di una innumerevole serie di reazioni radicaliche che avvengono nella troposfera riassunte nel seguente “Ciclo Fotochimico”:

Poichè l’NO2 viene rigenerato dalla reazione dell’NO e dell’O3 formati, il risultato complessivo sembrerebbe una reazione ciclica continua e, in condizioni di stato stazionario, l’NO e l’O3 dovrebbero essere sintetizzati e distrutti in uguali quantità. Ciò sarebbe vero se non intervenissero altri fattori e si mantenessero costanti i rapporti tra NO2 e NO presenti in atmosfera. Appena nel sistema vengono introdotti gli idrocarburi, si verifica una modificazione degli equilibri in quanto gli idrocarburi reagiscono con gli atomi di ossigeno formando dei radicali liberi altamente reattivi che, a loro volta, ossidano l’NO a NO2, favorendo l’accumulo di NO2 e di O3. Questa reazione avviene senza consumo di una equivalente quantità di O3 e quindi il risultato finale consiste in un accumulo di NO2 e O3 e in una rimozione di NO. I radicali liberi possono ancora reagire con l’NO2 per formare il PAN o con gli idrocarburi per formare aldeidi, chetoni e alchilnitrati

Ulteriori reazioni non ancora completamente studiate sono quelle che portano nel giro di tre, quattro giorni alla scomparsa completa sia di NO che di NO2, si pensa per la loro trasformazione in presenza di umidità atmosferica in acido nitrico e di conseguenza in nitrati che ricadono poi al suolo con le piogge o sotto forma di particolati.

Gli NOx presenti nell’aria derivano, oltre che dal ciclo fotolitico, sia da fonti naturali che antropiche come inquinanti primari.

Le fonti naturali sono rappresentate dall’attività batterica sui composti dell’azoto e, in misura minore, dall’attività vulcanica e dai fulmini. I livelli di fondo, imputabili alle fonti naturali, sono comunque molto bassi in quanto esse sono ben distribuite sulla superficie terrestre.

Le fonti antropiche sono costituite dalle reazioni di combustione dei combustibili fossili sia in sorgenti stazionarie (quali le centrali termoelettriche e i riscaldamenti domestici) sia mobili (quali gli autoveicoli a combustione interna).

Come già detto, la reazione tra l’azoto molecolare, estremamente inerte, e l’ossigeno avviene con notevole difficoltà e richiede che venga fornita una elevata quantità di energia (energia di attivazione), sotto forma di calore. E’ per questo motivo che la formazione di ossidi di azoto è favorita nei casi in cui, durante la combustione, si raggiungono temperature estremamente elevate (anche solo in particolari zone di un bruciatore).

E’ evidente perciò come la formazione di ossidi di azoto è favorita dalle stesse condizioni che portano alla minor produzione di monossido di carbonio.

Per quanto riguarda il traffico veicolare, si ha maggior produzione di ossidi di azoto in fase di accelerazione o di marcia normale. Le marmitte catalitiche hanno invece la proprietà di riportare questi inquinanti a azoto molecolare.

Fonti antropiche di NOx, non legate a reazioni di combustione, sono rappresentate dalle industrie che utilizzano o producono l’acido nitrico (HNO3), da quelle che producono fertilizzanti, dai processi di saldatura e dall’uso di esplosivi. Le sorgenti antropiche, a differenza di quelle naturali, sono generalmente circoscritte a determinate aree dove può pertanto verificarsi un rilevante accumulo di NOx (Beard, 1982; WHO, 1987; Gilli et al., 1988).

L’NO è quasi insolubile in acqua e non è reattivo in soluzione tanto che ben poco di esso si ossida nell’acqua delle nuvole. Anche la deposizione secca è quasi nulla.

L’NO2 è poco solubile in acqua ed è poco reattivo in soluzione alle concentrazioni atmosferiche. Esso sembra però soggetto alla deposizione secca sulla vegetazione, forse mediante l’ossidazione dei lipidi o dei composti fenolici.

L’NO2 può essere ossidato ad acido nitrico (HNO3) secondo due diversi processi, a seconda che vi sia o meno attività fotochimica e quindi a seconda che l’ossidazione avvenga nelle ore diurne o notturne. In presenza di attività fotochimica:

NO2 + OH ® HNO3

dove il radicale idrossilico (OH) deriva dalla fotolisi dell’O3. La percentuale media di ossidazione prodotta mediante questo meccanismo è del 2-8% all’ora. In assenza di attività fotochimica la sintesi di HNO3 si attua attraverso una serie di reazioni i cui intermedi sono rappresentati dal triossido di azoto (NO3) e dall’anidride nitrica (N2O5): 

NO2 + O3   ®  NO3 + O2

NO2 + NO3  ®  N2O5

N2O5 + H2O ®  2HNO3.

 

Questo meccanismo non è possibile in presenza di attività fotochimica in quanto il radicale NO3 viene rapidamente fotolizzato per dare NO2 e NO.

La produzione di HNO3 durante le ore notturne ha una resa media del 10-20% all’ora. Esso è piuttosto volatile ed è anche altamente solubile nelle nuvole e nella pioggia e, poichè viene facilmente assorbito o adsorbito dalle superfici dei materiali, è soggetto anche ad una rapida deposizione secca (Fuzzi, 1984; Schwartz, 1989).


Figura 1 Alcune reazioni che avvengono in atmosfera e coinvolgono gli NOx da Derwent et al (1993)

Livelli osservati

I livelli ambientali di questi inquinanti possono essere molto elevati sia nell’aria esterna delle zone urbane densamente popolate e con elevato traffico veicolare, ma anche negli ambienti interni.  Infatti, su scala nazionale nel 1994, gli autoveicoli sono responsabili del 50% delle emissioni di NOx, dove in particolare i motori diesel producono più ossidi di azoto dei motori a benzina perché usano miscele molto povere in termini di rapporto aria combustione, seguiti dalle centrali termoelettriche (21%), dagli altri settori industriali compreso il trattamento dei rifiuti e dagli usi nei settori domestico e terziario.

Si è riscontrato che nelle città la concentrazione di NOx è 10-100 volte maggiore che nelle aree extra urbane.

Le concentrazioni di NO2 sono molto variabili in quanto è generalmente presente un livello di base sul quale si innalzano dei picchi di concentrazione. I livelli di base, che possono essere considerati livelli naturali, sono compresi nell’intervallo 0.4-9.4µg/m3.

I livelli urbani variano a seconda dell’ora, della stagione e delle condizioni meteorologiche. Sono tipici, comunque, dei picchi corrispondenti alle ore di punta del traffico autoveicolare. La media annuale fra diverse città del mondo è compresa tra 20 e 90 µg/m3, con valori giornalieri fino a 400 µg/m3 e picchi orari di 240-850 µg/m3 (WHO, 1987).

Le concentrazioni di NO2 nelle abitazioni possono essere notevolmente superiori a quelle esterne a causa dell’uso di elettrodomestici a combustione senza aspiratori d’aria come le cucine a gas, le stufe a cherosene o a legna, i caminetti, e del fumo di sigaretta e del basso ricambio d’aria che contraddistingue gli ambienti confinati. In questi casi, le concentrazioni possono eccedere i 200µg/m3 per vari giorni consecutivi. Durante la cottura dei cibi, sono state misurate concentrazioni orarie nelle cucine comprese tra 470 e 2000µg/m3, con picchi massimi di un minuto fino a 4000µg/m3.

Il fumo di una sigaretta può contenere concentrazioni di NO pari a 150000-226000 µg/m3 e concentrazioni più piccole di NO2 (WHO, 1987).

Effetti sull’uomo

Gli NOx sono gas, per questa ragione la sola via significativa di esposizione è costituita dall’inalazione (WHO, 1987).

L’NO2 è circa 4 volte più tossico dell’NO. Per quest’ultimo, alle normali concentrazioni riscontrabili nell’ambiente, non sono stati mai riportati fenomeni di irritazione o altri effetti sanitari (Gilli et al., 1988).

L’NO2 agisce come un forte ossidante. I lipidi e le proteine di membrana sono facilmente ossidati con conseguente perdita del controllo della permeabilità della membrana cellulare.

L’NO2 assorbito può essere l’80-90% di quello inalato. Una percentuale significativa viene rimossa dalla regione nasofaringea (circa il 40% in cani e conigli); quindi con l’esercizio fisico, durante il quale si verifica un incremento della respirazione orale, l’NO2 penetra meglio nei tratti più profondi dell’apparato respiratorio. Le concentrazioni maggiori sembrerebbero comunque trovarsi nella zona al congiungimento delle vie aeree di conduzione con quella di scambio dei gas del polmone, come dimostrato dal fatto che in numerose specie animali vengono ivi riscontrate le tipiche lesioni morfometriche. Studi sperimentali hanno evidenziato che l’NO2 o i suoi metaboliti possono permanere nel polmone per lunghi periodi. In seguito ad esposizione ad NO2 sono stati rinvenuti nel sangue e nelle urine acido nitrico (HNO3), acido nitroso (HNO2) ed i loro sali (Beard, 1982; WHO, 1987).

I meccanismi biochimici mediante i quali l’NO2 induce i suoi effetti dannosi non sono ancora del tutto chiari. Le teorie attualmente più accreditate sono la perossidazione lipidica, con conseguenti gravi danni alle membrane cellulari, e l’ossidazione di proteine e sostanze a basso peso molecolare. Tali reazioni di ossidazione si verificano in seguito alla formazione di radicali liberi, specie altamente reattive, e portano alla formazione di perossidi e di composti polari contenti azoto.

Gli pneumociti di tipo I e l’epitelio ciliato sembrano particolarmente sensibili all’azione tossica dell’NO2 e vengono pertanto sostituiti dai meno sensibili pneumociti di tipo II e cellule Clara. Ad elevate concentrazioni di NO2 (> 940µg/m3 per 10 giorni), anche queste cellule meno sensibili, però, mostrano alterazioni citoplasmatiche e ipertrofia.

L’effetto maggiore, in seguito a concentrazioni di NO2 elevate, è l’edema polmonare, a sua volta responsabile sia delle alterazioni enzimatiche sia di quelle nel contenuto lipidico che vengono spesso riscontrate nel polmone (Beard, 1982; Amdur, 1986; WHO, 1987).

Gli effetti sanitari indotti dall’NO2 in seguito ad esposizione a breve termine comprendono l’aumento della resistenza al passaggio dell’aria delle vie aeree, il decremento della funzionalità polmonare e l’aumento della reattività bronchiale verso i broncocostrittori. Attualmente il più basso livello osservato di NO2 in grado di influire sulla funzionalità polmonare degli asmatici, senza l’uso di un broncocostrittore, è 560µg/m3 per 30 minuti di esposizione e con esercizio intermittente. E’ comunque ancora molto controverso se questo tipo di alterazione debba essere considerata o meno un effetto dannoso. I gruppi “sensibili” sono costituiti dagli asmatici, non dai bronchitici (WHO, 1987).

Per quanto riguarda gli effetti indotti in seguito ad esposizione a lungo termine, sono compresi: l’aumento dell’incidenza delle malattie respiratorie; alterazioni strutturali dell’apparato respiratorio comprendenti una vasta gamma di effetti che vanno da  cambiamenti del tipo cellulare nelle regioni tracheobronchiale e polmonare fino ad alterazioni tipo enfisema caratterizzate da assottigliamento delle membrane dei capillari alveolari, perdita dell’epitelio ciliato e formazione di collagene in punti del polmone atipici; incremento della suscettibilità alle infezioni polmonari batteriche e forse virali; alcuni effetti dannosi su milza, fegato e sangue (Beard, 1982; WHO, 1987).

Da studi di laboratorio emerge come, a parità di concentrazione totale, gli effetti dannosi siano minori quando si allunga il tempo di esposizione (Amdur, 1986).

L’esposizione contemporanea a NO2 e O3 può determinare effetti additivi, sinergici o attribuibili al solo O3, a seconda delle concentrazioni e del tempo di esposizione (WHO, 1987).

I risultati suggeriscono che in generale, i soggetti sani sono meno sensibili agli effetti dell’NO2 di coloro che hanno affezioni polmonari.  A livelli inferiori a  1800µg/m3 (1ppm), l’NO2 non induce cambiamenti della funzionalità polmonare o della reattività delle vie aeree nei volontari sani (Adams et al., 1987; Bylin et al., 1985); tali cambiamenti sono invece evidenti nei soggetti asmatici (Bylin et al., 1988).

Esposizioni prolungate a livelli elevati di NO2 come quelle che si verificano normalmente nelle case dove esistano fornelli a gas e che possono raggiungere facilmente la concentrazione di 4 ppm, sembrano essere associate ad una aumentata predisposizione a contrarre malattie a carico dell’apparato respiratorio (Neas et al., 1991).

Secondo alcuni studi recenti, esposizioni a NO2 a livelli di 3760µg/m3 (2 ppm) per 4 ore sono in grado di alterare il numero e il tipo di cellule presenti nel lavaggio broncoalveolare.  In particolare, alcuni studi riportano che il numero dei leucociti polimorfonucleati viene fortemente diminuito e i macrofagi mostrano una ridotta capacità di fagocitare le cellule di Candida albicans o di rilasciare anioni superossido (Devlin et al., 1992; Becker et al., 1993, WHO, 1997).  Questi studi suggeriscono che l’esposizione a NO2 può indurre una modesta infiammazione bronchiale e un’alterata funzione dei macrofagi e tuttavia tali effetti non sono stati osservati da altri autori (WHO, 1997).

Gli studi controllati su altre specie di NOx sono limitati e concentrati prevalentemente sull’NO.

L’NO2 in miscela con altri inquinanti non ne aumenta gli effetti.  L’unica eccezione è l’osservazione che la pre-esposizione a NO2 aumenta la responsività polmonare indotta in soggetti sani durante la successiva esposizione ad ozono (WHO, 1997).

Le evidenze epidemiologiche suggeriscono che l’esposizione a NO2 negli ambienti interni nei bambini di età compresa tra 5 e 12 anni porta ad un aumento dei sintomi e delle malattie respiratorie.  Tali evidenze sono riassunte in una meta-analisi degli studi presenti in letteratura (Hasselblad et al., 1992).  In questi studi i livelli di NO2 nella camera da letto erano compresi tra 15 e 122 µg/m3 (0.008 e 0.065 ppm).  La odds ratio per gli effetti a carico dell’apparato respiratorio era di 1.2 (limiti di confidenza al 95% di 1.1 e 1.3) per aumenti di NO2 di 28.3 µg/m3 (0.015 ppm).  Questo suggerisce che ad ogni aumento dell’esposizione a NO2 di 28.3 µg/m3 corrisponde un aumento del rischio di malattie polmonari del 20% (Hasselblad et al., 1992).  La differenza di 28.3 µg/m3 usata nelle meta-analisi è stata dedotta dalla differenza dell’esposizione media annuale misurate nelle case dotate di fornello a gas o elettrico.

I risultati osservati nei bambini in età scolare non sono stati confermati dagli studi condotti sui bambini di età inferiore a 2 anni (WHO, 1997); attualmente non è chiara la ragione di questa differenza.

L’associazione tra esposizione a NO2 negli ambienti esterni ed affetti a carico dell’apparato respiratorio non è ben definita.  Esistono tuttavia alcune evidenze che suggeriscono un aumento della durata delle malattie polmonari negli esposti ad elevati livelli ambientali di NO2 (WHO, 1997).  La maggiore difficoltà nel determinare l’effetto sulla salute dell’esposizione a NO2 negli ambienti esterni è determinata dal fatto che è impossibile distinguere tale effetto da quello degli altri inquinanti presenti.

Il meccanismo d’azione dell’NO è meno chiaro dell’NO2, ma poiché il composto viene immediatamente ossidato a NO2 è plausibile che gli effetti siano gli stessi che si osservano per l’NO2.

L’NO è prodotto normalmente nell’organismo e svolge diversi ruoli fisiologici che dipendono dal tessuto o organo di formazione (Nathan, 1992).  Esposizioni a NO superiori a 6000 µg/m3 (circa 5 ppm) causano vasodilatazione della circolazione polmonare senza influenzare la circolazione sistemica (Adnot et al. 1993).  L’NO potrebbe agire anche come broncodilatatore (Moinard et al., 1994).  L’NO viene usato in clinica per il trattamento dell’ipertensione polmonare nei neonati (Geggel, 1993).

Effetti sulle piante

La maggior parte dei dati disponibili si riferisce ad oggi ad esperimenti controllati in laboratorio. Da essi si rileva che piante sottoposte a fumigazione di NO2 (1ppm) per 48 ore mostrano macchie sulle foglie per leggera necrosi; se invece sono sottoposte a fumigazione con NO (10ppm) diminuiscono la velocità di fotosintesi (misurata in base all’assorbimento di CO2).

Standards della qualità dell’aria

Non esiste un No Effect Level per esposizioni croniche o subcroniche a NOx.  Il DPR 24/5/88 n. 203, stabilisce come limite massimo di accettabilità la concentrazione di 200µg/m3 come 98° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l’anno (1 gennaio-31 dicembre) e i valori guida di qualità dell’aria al 98° e 50° percentile delle concentrazioni medie di 1 ora rilevate durante l’anno rispettivamente a 135 e 50µg/m3 per l’NO2. Il DM 15/4/94 stabilisce i valori di 200 e 400 come medie orarie per i livelli d’attenzione e allarme.

Sulla base di un valore di fondo di NO2 di 15 µg/m3 (0.008 ppm) e dell’osservazione che si possono rilevare effetti significativi sulla salute con incrementi di livello di 28.2µg/m3 (0.015 ppm), il WHO Task Group on Environmental Health Criteria on Nitrogen Oxides ha stabilito una linea guida annuale di 40 µg/m3 (WHO, 1997).